Con la Mamma dell’Amore in
TERRA SANTA nei luoghi di GESÙ
(pellegrinaggio settembre 2010)

 
un pellegrinaggio indimenticabile
grazie a Padre Gianni S. e Marco...
veramente due INNAMORATI di Maria!



al Monte Tabor - ricordando la TRASFIGURAZIONE


a Cana di Galilea... con Gesù e Maria...


Santa Messa a Nazareth...
IL VERBO QUI SI FECE CARNE!


Marco sosta in preghiera a BETLEMME dove è nato Gesù

 

VISITA AI CENTRI DA NOI SOSTENUTI A BETLEMME...

Abbraccio a Suor SOPHIE ed ai bambini orfani presso il centro di Betlemme
"CRECHE DE LA SAINTE FAMILLE"
 (progetto da noi sostenuto con le adozioni dal 2007)


Abbraccio a Suor MARIA e Comunità presso la Scuola Materna di Betlemme
accanto al SANTUARIO HORTUS CONCLUSUS,
 (progetto da noi sostenuto per i bambini poveri dal 2007)



la Suora ci mostra il nuovo piccolo ambulatorio per i più poveri
 


preghiera nel CENACOLO a Gerusalemme

dopo la visita al Cenacolo del 6 settembre
Marco e P. Gianni salutano il Presidente del Rinnovamento Salvatore Martinez


Monte Carmelo... GRAZIE O MAMMA per la tua benedizione


Gerusalemme sosta al muro del pianto.
Marco invoca l'intercessione di Maria per la PACE in Medio Oriente

 

Santa Messa nella cappella del Cenacolo - Gerusalemme
Ultima omelia di Padre Gianni S.

Vi lascio alcune parole di conclusione di questo meraviglioso pellegrinaggio vissuto insieme a voi che condividete l’esperienza ecclesiale mariana di Paratico.

1 - La conversione della mente e la conversione del cuore

Partiamo dall’idea dei due discepoli di Emmaus  (Lc 24, 13-35), i quali erano tristi ed erano tristi perché avevano perso Gesù. Erano ben lontani dal pensare alla Sua resurrezione.
La tomba era vuota, ma questa constatazione fu motivo di ulteriore preoccupazione e non di gioia per i due pellegrini che scendevano da Gerusalemme. Gesù era ormai stato ucciso, finito, nonostante le donne avessero trovato qualche segno a dire il vero sconvolgente, che era ancora da decifrare, ma in fondo non lo avevano davvero trovato. Quindi erano tristi per la mancanza di Gesù.
Ma poi i discepoli di Emmaus spiegano in che cosa consisteva la loro tristezza.
Non era soltanto la tristezza per avere perso Gesù, ma per avere perso quel Gesù che essi pensavano che realizzasse i loro schemi. Avevano una loro immagine, si erano costruiti una loro identità di Gesù. Avevano un tipo di conoscenza affettuosa di cuore, ma era una conoscenza sbagliata.
Tanto è vero che loro dicono: noi speravamo che Lui venisse a ricostituire il regno di Israele, cioè ci affrancasse e ci liberasse dai romani. Quindi, tristezza sì per Gesù, ma una tristezza equivoca, la tristezza di chi ha una conoscenza errata di Gesù. Questo modo di conoscere Gesù non poteva fare innescare l’appartenenza al fenomeno Gesù.
A questo punto ecco una cosa fondamentale anche per noi. Secondo me la percentuale di coloro che conoscono il “fenomeno Gesù” è molto bassa. Uso appositamente una parola che era proprio del filosofo tedesco Usserl, la parola “fenomeno”.
Quello che appare di Gesù, il fenomeno di Gesù rischia di essere equivocato nella sua lettura fondamentale. Alla fine dobbiamo confessare che non conosciamo Gesù.

È per questo motivo che, quando parliamo di conversione, dobbiamo anzitutto pensare alla dimensione della mente prima ancora che a quella del cuore, perché se il cuore si converte, ma si converte assumendo, accogliendo e quindi producendo una appartenenza verso qualcosa di errato, allora questa non possiamo chiamarla vera conversione anche se c’è un cambiamento. Anzi il cambiamento può essere in peggio se questo fosse originato da un equivoco. E questo è proprio il caso dei due discepoli di Emmaus, causa della loro tristezza.

Conversione nel greco del Vangelo è detta metanoia, cioè trasformazione della mente. 

La conversione deve essere veramente e in base e in forza della conoscenza che io ho di colui al quale io mi converto e lego la mi vita.
Proprio Gesù parlando ai due discepoli di Emmaus, e quindi nello spiegare tutte le Scritture, ha dato la chiave della conoscenza, ha fatto una scuola di esegesi, una scuola di teologia (ed é importante oggi come oggi di non equivocare sul fenomeno Gesù, di non farsi una idea propria di Gesù). Ha spiegato le Scritture in quello che si riferivano a Lui, al suo fenomeno. Proprio durante l’illuminazione della loro mente il cuore cominciava ad ardere e a prepararsi ad avere la “visione” retta di Lui, a volgersi a Lui, a dipendere da un Gesù vero, quello vero.
Anche gli agnostici del II secolo avevano innescato un movimento che sarebbe stato di nullificazione della Chiesa se avessero continuato ad avere, anzi a creare di Gesù un immagine soltanto spiritualista ed idealista, a partire dal loro a priori filosofico.
In fin dei conti i due discepoli di Emmaus avevano un’immagine idealista e spiritualista legata a un sogno politico. Quello dei poveri discepoli di Emmaus era uno gnosticismo politico e Gesù che cosa ha fatto?
È entrato tra loro, si è messo dentro il loro cammino, ma non ha toccato anzitutto il loro cuore, ma ha permesso che il loro cuore cominciasse ad avere la direzione giusta (il cuore che ardeva), perché lui stava immettendo in loro le idee giuste e, spiegando la scrittura da Mosè ai profeti, ha spiegato tutto, ha spiegato in che cosa consistesse la sua identità messianica.
Nella conoscenza di Gesù era necessario anche ammettere l’esperienza ineluttabile ed essenziale della morte e del fallimento e quindi della resurrezione.
Quando sono arrivati alla fine di questo percorso, che è stato in fin dei conti un percorso intellettuale, Gesù ha voluto dar da capire bene la sua identità, un’identità che era già stata prefigurata, pensata non inventata ex abrupto, ma pensata, profetizzata, preconizzata coerentemente già nell’Antico Testamento.
Gesù ci tiene a dire “Io sono la realizzazione della vera interpretazione dell’antico testamento”, “Non sono venuto per abolire, ma per compiere” (cf Mt 5,17).
Quindi questa è la prima idea: attorno al fenomeno Gesù si deve creare un movimento di conoscenza vera alla portata di Gesù e non alla portata umana, ecco allora tutti i sogni su Gesù,  anche i sogni devozionali, i sogni spiritualistici come anche i sogni politici o i sogni umanitari partono da una idea che in fin dei conti è una idea che io mi sono fatto di Gesù e invece io devo partire da Gesù per conoscerlo per poi applicarne l’idea a tutti gli aspetti della vita.
Quindi è fondamentale il movimento ed il percorso della conoscenza vera del fenomeno Gesù, come avete avuto la possibilità di iniziare a fare in questi giorni di pellegrinaggio in Terra Santa.
Allora, a questo punto, è bene considerare che anche nel vostro movimento che si va costruendo in modo benemerito da circa quindici anni intorno a Maria, Mamma dell’Amore, ci vuole uno che si prepari in modo preciso in teologia e nella esegesi del fenomeno Gesù, che diventi educatore e aiuto nella formazione ai propri fratelli e sorelle toccati dalla Madonna per un risveglio e rinnovamento della Chiesa (a questo punto mi sento anche di dire: non come certi teologi che pensano di essere teologi e invece contraffanno la fede e presentano a loro volta “il loro Gesù” e vogliono documentare la loro presentazione a partire da schemi che si sono fatti essi stessi della teologia).
È molto importante essere puri nell’accostare il fenomeno Gesù. Che la stessa conoscenza di Gesù sia una conoscenza pura, libera da tanti a priori di ogni tipo, da ogni a priori filosofico o comunque anche da qualsiasi a priori di attesa, sia anche una attesa politica, o di interessi privati.
In fin dei conti, anche gli Ebrei si riferirebbero al fenomeno Gesù se nel fenomeno Gesù ravvisassero quello che risolve tutti gli attuali problemi politici di Israele e assicurasse ad Israele la sicurezza di fronte ad ogni attacco. A questo punto non sarebbe più necessario ricorrere alla bomba o all’arma nucleare contro, ad esempio, l’Iran (perché lo si vede come l’unico pericolo in questo momento).
Mi si perdoni quello che sto dicendo che più per un’attualizzazione sulla situazione odierna è più per far capire la situazione d’incompatibilità che c’era tra Gesù e la lettura equivoca e distorta dei discepoli di Emmaus. Vorrei dire che Gesù avrebbe creato le premesse per un vero Stato di Israele, se questo fosse veramente un’iniziativa della Provvidenza per realizzare quella vocazione di Israele a essere benedizione di tutte le nazioni (cf Gen 12,3) preconizzata nella vocazione di Abramo. Israele ha la vocazione dell’unità dei popoli e non della loro esclusione. Se invece la lettura delle Scritture è ideologica e fondamentalista con un’idea di messianicità fondata sulla supremazia e sull’esclusivismo, un’idea che è poi la stessa mentalità espressa dai due discepoli di Emmaus, allora questa è incompatibile con il Regno annunciato da Gesù.
Quindi il primo compito è la conoscenza, la dimensione della conoscenza, conoscere Gesù, proprio perché quando si conosce Gesù di Gesù ci si innamora.
È a questo punto che interviene un’altra questione, la questione del “bello”.

Non possiamo creare e volere un Cristianesimo sotto sforzo
: il Cristianesimo non è frutto degli sforzi. In fin dei conti il Gesù si presenta come la risposta al bisogno dell’ “illimitato”, dell’ultimo non del penultimo.
Il Papa ci ha regalato la lettera stupenda, che ha mandato a tutti i giovani, nella quale egli invita i giovani a guardare all’ “ultimo”, al “bello”, a ciò per cui vale la pena di dare la vita, di consegnare le proprie risorse, i propri dubbi, anche i propri soldi, anche i propri progetti, consegnarli all’ “ultimo”.
Allora qui sorge un’obiezione: ma come posso io sentire il bisogno dell’ “ultimo” se quest’ “ultimo” io non lo conosco?
Ecco, il Papa risponde nella sua Enciclica “Spe Salvi”, e fa almeno un discernimento filosofico breve, cioè tra l’immediato e ciò che non vedo, fare la scelta di ciò che non vedo.
È chiaro che questo esige una rinuncia a ciò che non è vero per ciò che è vero ed è più vero. Questo è richiesto dalla dignità umana di ogni uomo, l’uomo ha tanta e sufficiente dignità da poter voler l’ “ultimo” e non il  penultimo.
Allora a questo punto se tu veramente sei coerente in questa ricerca dell’ “ultimo”, attraverso anche il processo di conoscenza finisci per incontrare Gesù.
Se veramente questo discorso fila, cioè questa ricerca dell’ “ultimo”, la ricerca del “bello” a cui sottoporre tutte le altre scelte è coerente e conseguente alla dignità dell’uomo, l’incontro con il bello scatena in te la reazione e l’intenzione di volerlo. A questo punto interviene il cuore e con il cuore io scelgo ciò che vale la pena. Non è semplicemente una questione che io mi sforzi di volere Gesù.
Lo diceva S. Agostino: “io vado in cerca del piacere di Gesù, se Gesù non mi fa piacere non lo vado a cercare. Gesù deve piacermi, deve essere la cosa che mi piace di più” (cf S.Agostino, Tr in Giovanni, XXVI, 5).
Applicando in tutti gli ambiti della vita, nello stesso matrimonio, io amo la mia donna o amo il mio uomo perché in lui innesco quella dinamica che mi permette di essere agganciato con mia moglie, con mio marito, al bello, a ciò a cui vale la pena, quindi insieme lavoriamo e ci muoviamo per questo.
Questa è la prima parte della nostra conversazione per la quale siamo partiti dal racconto dei discepoli di Emmaus. A questo punto i discepoli di Emmaus dopo aver risolto il problema, grazie a Gesù che si fa vedere nell’ Eucarestia, tornano e vanno a raccontare l’accaduto, il loro incontro, la “conoscenza avuta” di Gesù (conversione della mente) e con il cuore ormai ardente, convertito cioè in modo corretto e pieno di piacere per Gesù (conversione del cuore),  salgono nuovamente proprio là dove eravamo noi poco fa, nel Cenacolo, e testimoniano, annunciano con entusiasmo quello che è successo loro. Fu un gioco di riconoscimento, perché tra l’altro gli Apostoli a loro volta proclamano con gioia che era apparso a Simone.

 2 - Una comunità luogo dell’esperienza del fenomeno Gesù.

 Io non mi soffermo ora su quello che successe nel Cenacolo, piuttosto preferisco insistere sul secondo processo, sul “poi” di una comunità formata da persone che sono state raggiunte dalla tensione al bello, che sono state proprio toccate dallo stupore del fenomeno Gesù, e da questo fenomeno sono messe insieme. E da notare, essi stavano insieme con Maria in preghiera (At 1,14).
Ma quali sono i segni dello stare insieme, quali sono le cadenze, le regole, gli aspetti che devono definire la vita di una comunità, di un movimento? Sono quelli che troviamo in Atti 2, 42-46.
Atti 2, capitolo 2 ci presenta quello che succedeva nel quartiere cristiano del Monte Sion intorno al Cenacolo. Il Cenacolo dell’Eucaristia e della Pentecoste costituiva il salone degli incontri dell’assemblea cristiana, e poi si continuava a vivere l’esperienza cristiana nelle proprie case.
In quel quartiere, si trovavano per realizzare quattro momenti della vita della primitiva comunità cristiana gerosolomitana: la conoscenza catechetica, la preghiera eucaristica, la preghiera nelle case, la socialità della carità.

- Primo punto: la conoscenza catechetica
Gli Apostoli insegnavano. Quindi la prima cosa era che i cristiani erano fedeli agli insegnamenti, a conoscere Gesù e il progetto del suo regno. Gli Apostoli non venivano meno a questo compito che resta loro precipuo. Anche quando Pietro se ne andrà, resta Giacomo, è lui il capo della comunità che organizza i corsi di insegnamento su Gesù.

- Secondo: erano assidui alla frazione del pane, all’Eucaristia.
Quindi, allora, si ritrovano per celebrare quello che Gesù ha celebrato con i discepoli di Emmaus. L’Eucaristia diventerà il segno qualitativo del nuovo mondo che Gesù ha inaugurato, mentre nello stesso tempo erano fedeli anche alla preghiera al tempio. Ogni sabato essi non mancavano al tempio, nelle sinagoghe, cioè si comportavano da Ebrei diventati Cristiani. I due mondi erano convissuti nella comunità di Gerusalemme. Noi, invece, che siamo diventati il secondo mondo, quello non giudeo né giudeo-cristiano, abbiamo dimenticato il primo, il mondo ebraico, il mondo delle nostre radici. Invece qui a Gerusalemme si viveva il primo mondo, quello giudaico, insieme e congiuntamente e in modo armonico, con il secondo mondo, il mondo cristiano. Quindi i cristiani a Gerusalemme vivevano l’assemblea eucaristica ma anche la preghiera nel tempio.

- Terzo: erano fedeli alla preghiera nelle case.
Questa assiduità nella preghiera coinvolgeva il modo di concepire la vita,  tutto il lavoro, le attività umane, le relazioni, dipendevano tutto dalla preghiera. Normalmente la preghiera era nelle case, quindi le famiglie erano centri di preghiera, di per sé e anche come espressione di coagulo delle altre case.

- Quarto: questo modo di concepire la vita in Gesù, nella vera conoscenza, produceva dei fatti tali che la socialità ne beneficiava. Ne beneficiava sia la comunità cristiana sia anche gli altri.
Veramente non c’era nessuno che poteva dire io ho qualche soldo in più e tu sei nell’indigenza, perché si viveva la cassa comune, si viveva l’attenzione di tutti a tutti, si faceva attenzione alla sanità, attenzione alla scuola, attenzione a tutto, proprio come diramazione della preghiera, come consequenzialità della preghiera.


La Chiesa si è sempre curata della “caritas”, della socialità, nel senso educativo, nel senso sanitario e nel senso anche sociale. Quindi una vera comunità che non attende soltanto il servizio liturgico, ma anche alla caritas, ai bisogni umani, (adesso dal ‘900 in avanti in Italia c’è l’assistenza, c’è la scuola organizzata, ma per 1900 anni è stata la Chiesa che ha sempre fatto questo). Non dobbiamo derogare le competenze dello Stato. Ma la comunità cristiana non può essere soltanto la comunità della preghiera, peggio ancora alla dimensione religiosa relegata al privato, ma una comunità che si dilata nel sociale.

Tutto cambia attraverso questa ottica, a partire dall’essere una sola cosa nella preghiera e nell’eucaristia.
Si diventa sociali anche nei beni, è il socialismo cristiano, non il socialismo imposto, quello della classe sociale, quello di Marx ecc, ma è un socialismo che deriva dal fatto che condividiamo lo stesso pane, che condividiamo la stessa preghiera, una che affratella e che toglie la percezione di una società di classe, liberi e schiavi.
San Paolo ha detto che non c’è più separazione tra uomo e donna, tra greco ed ebreo, tra schiavo e libero ma tutti siamo diventati una sola persona i
n Cristo Gesù (cf Gal 3,27-28), questo è il mondo nuovo.
Ecco allora, Gesù ha in mente proprio questo sogno. Allora dicevo: una comunità deve veramente riappropriarsi di quelle che sono le coordinate fondamentali  della comunità cristiana primitiva, proprio del quartiere del monte Sion di Gerusalemme, e se veramente, e in questo pensiero mi unisco al Papa che nella sua omelia a Fatima il 13 maggio di quest’anno si augura e prega perché entro il 2017 si possa realizzare il trionfo del Cuore immacolato di Maria, (questo lungi dal pensare che tutti saranno convertiti, tutti saranno santi, no, il peccato ci sarà sempre, ma aumenterà di qualità e anche di quantità il numero di coloro che aderiranno al modo di vivere del Vangelo!).
Allora ogni comunità cristiana che scaturisce per grazia, che si forma per questi canali di grazia, dovrebbe veramente riappropriarsi di queste coordinate quindi diventare una comunità che sa, nell’umiltà, di essere anticipatrice, un’isola, una piccola realtà di quella che sarà la grande realtà del Regno di Dio.
Quindi veramente siamo invitati a lavorare in questo senso e quindi diventare ed essere un cuor solo e un’anima sola come dirà Atti 4, 32, diventare un corpo
solo nella preghiera ma poi anche nella cultura e nella socialità, quindi sentire che veramente la comunità cristiana è presente, è molto presente qui e  realizza il centuplo già qui in questa terra (cf Mc 10,30).

 3 - Ultimo punto è la presenza di Maria, qui, in Terra Santa c’era la Madonna. Qui non appariva, ha vissuto la sua esistenza.

 In questi testi che abbiamo preso in considerazione, Lc 24,13-35 e At 2,42-46, sembra che non ci sia la Madonna, ma in Atti 1, 14 c’è la presenza di Maria, “erano assidui in preghiera con Maria la Madre di Gesù”. Essa è lì fino alla sua morte. La Madonna è sempre rimasta li, quindi dietro quello che è scritto in Atti 2 e in Atti 4, in effetti, c’è la Madonna che vedeva tutto e si curava di tutto, il primato mariano accanto e sotto il primato petrino.
La Madonna non è il capo della comunit
à ma, in effetti, ne diventa la guida, presente, discreta. Essa non ha nessuna funzione di leader, non è il capo della comunità, è soltanto la madre di Gesù, la madre alla quale Gesù ha consegnato la sua comunità, anzi il mondo intero, quindi lei è presente più che altro con la sua presenza materna, con la sua preghiera, con il suo consiglio, con la sua arte materna, quindi creando un punto di riferimento sobrio, delicato, ma costante e fisico, fino all’ultimo momento.
Perché lei morirà in mezzo ai suoi figli della comunità cristiana del monte Sion, lei era là, era per tutti, ma non si sostituiva a Pietro, non si sostituiva a Giacomo, però era la mamma di Gesù, una donna eccezionale nella sua delicatezza, nella sua bontà, quindi era come dirà un giorno la teologia cristiana: lei rappresentava la Chiesa stessa.
Come è bello salutare allora tutti i luoghi in cui Maria, come dono di Dio, si dà a vedere! Appare! Ogni luogo è speciale, ognuno dei luoghi di apparizione autentica è pieno della presenza dell’unica Madonna, dell’unica Madre di Gesù, dell’unica Madre di tutti e Madre mia specialissima. Giovanni riserva alla Madre di Dio un unico verbo: “C’è, c’era…” (Gv 2, 2 e Gv 19,25). È più importante Cana o è più importante Gerusalemme? È più importante Medjugorje o più importante Paratico?
Ma è Lei il “più” in tutti i luoghi veri profumati della sua presenza materna e salvifica. E Lei è autenticamente presente là dove con il suo materno amore e aiuto, con il suo messaggio evangelico, contribuisce a formare la Comunità di Suo Figlio, la Chiesa, centuplo in questa terra precorritrice del Regno. Infine un consiglio per tutti… non paragonare mai Medjugorie a Paratico o a qualsiasi altra apparizione, ma paragonare la comunità di Paratico solo ad Atti degli Apostoli capitolo 2, crescere sempre nell’umiltà e nella fede.
Dio vi benedica!